“La vita in comune perseveri nella preghiera e nella comunione di uno stesso spirito, nutrita della dottrina del Vangelo, della santa liturgia e soprattutto dell’Eucaristia” (cf At 2,42) (PC 15).
La nostra è vita monasterialis (cf RB 1,2), ossia comune, vissuta sotto la norma scritta della Regola e la norma vivente del Padre e della Madre, in mezzo a dei fratelli gli uni diversi dagli altri, ma tutti ugualmente chiamati da Dio, con i quali bisogna imparare a vivere, a pregare, a lavorare, ad amare, a servire Dio e il prossimo con lo spirito evangelico dei servi.
L’esperienza insegna che, sebbene l’uomo sia di natura sociale, tuttavia sperimenta gravi difficoltà nel vivere insieme.
Con la grazia di Dio i Fratelli e le Sorelle devono superare questo scoglio in forza del comando di Gesù: Che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi (Gv 15,12). I loro rapporti saranno pieni di tenera amabilità, di sincero e casto amore. La loro concordia deve manifestare la presenza viva di Gesù, anzi evocare la vita divina della comunione trinitaria, tanto più che la comunità delle “Case di Maria di Nazareth” è una comunità adorante che non può esprimersi se non in una profonda comunione; comunione non astratta ma concreta, sempre da costruire e da ricostruire a causa della fragilità umana con la mutua correzione, la tolleranza, l’amore, nella consapevolezza che ognuno è stato scelto per essere aiuto concreto per l’altro. L’amore fraterno resti saldo, raccomanda la Scrittura (cf Ebr 13,1). †
La comunità ideale è quella in cui le persone si accolgono mutuamente, accettando se stessi e gli altri come sono, sapendo che in tal modo ci ama Cristo. Ed è oltremodo vantaggioso tentare insieme di migliorarci per scalare in cordata l’aspra montagna della purificazione.
Per stimolare la collaborazione, la condivisione, la corresponsabilità è bene svolgere i servizi a rotazione, badando di valorizzare le doti umane e spirituali di ognuno, poiché lo Spirito Santo distribuisce doti e carismi ai singoli per l’utilità comune (cf 1 Cor 12,7).
I personalismi soffocano lo Spirito e la comunità, mentre questa è vivificata dal sincero dono di sé.
Fa parte del nostro carisma l’esercizio del perdono, tanto raccomandato da Gesù (cf Mt 5,43-48), per non lasciarsi vincere dal male, ma vincere con il bene il male (cf Rm 12,21), cioè facendo vincere Dio in noi che è il sommo Bene.
Dalla Spiritualità e piccola regola eremitica, n. 10